L’azionario europeo è tornato sotto i riflettori, poiché gli investitori riconoscono sempre più il rinnovato potenziale della regione — al punto che gli indici europei cominciano ad apparire tatticamente estesi, soprattutto alla luce di alcuni ostacoli di breve periodo.
Pur ritenendo che l’Europa presenti ancora una tesi d’investimento convincente, gli investitori devono ora concentrarsi sui fondamentali delle singole società, piuttosto che fare affidamento sul momentum positivo. Con l’Europa nel pieno di una fase di trasformazione, anche il posizionamento di portafoglio diventa essenziale per cogliere i benefici del nuovo modello economico che sta emergendo.
Qui di seguito condivido il mio schema interpretativo su cosa potrebbe significare tutto ciò nella pratica.
La tesi sull’Europa resta convincente
Vedo tre motivi (in ordine decrescente di importanza) a sostegno della solidità della tesi d’investimento sull’Europa:
- Cambiamento strutturale di regime — Ritengo che l’Europa stia iniziando a rispondere con decisione alle principali sfide geopolitiche e macroeconomiche, allontanandosi dall’eccessiva dipendenza dalle esportazioni e orientandosi verso un modello di crescita più focalizzato sul mercato interno, sostenuto da maggiori stimoli fiscali e da un rafforzamento del coordinamento europeo.
- Potenziale di diversificazione — In un contesto globale sempre più frammentato e instabile, l’Europa offre agli investitori internazionali interessanti opportunità di diversificazione, come dimostrano i flussi crescenti da parte di allocatori intenzionati a ridurre la dipendenza dall’eccezionalismo statunitense.
- Valutazioni — Al netto delle preoccupazioni di breve periodo, le valutazioni rimangono per lo più interessanti sia in termini assoluti che relativi.
Attenzione alla crescente divergenza tra i titoli azionari europei
Dopo la recente impennata, il percorso futuro potrebbe rivelarsi meno lineare e, a mio avviso, richiederà una maggiore attenzione al posizionamento, unitamente a un’analisi approfondita delle singole società.
- Revisioni al ribasso degli utili — L’Europa appare più esposta agli ostacoli di breve termine rispetto ad altre aree, come dimostra il maggior numero di revisioni al ribasso delle stime sugli utili.
- Impatto disomogeneo del cambiamento di regime — I cambiamenti strutturali in atto in Europa stanno avvantaggiando alcuni settori e società più di altri. In linea generale, le aziende a vocazione internazionale risultano penalizzate, mentre le società e i settori più legati al mercato interno stanno beneficiando della nuova dinamica.
Attenzione alle sfide di breve periodo
Di seguito alcuni dei principali trend negativi che sto monitorando per il loro potenziale impatto sugli utili e sulle valutazioni delle società europee:
- Ciclo globale in rallentamento — Dato l’elevato numero di aziende internazionali, i mercati azionari europei tendono a essere molto sensibili al ciclo economico globale. La dinamica economica globale sta rallentando, complice l’incertezza sul commercio e l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche.
- Apprezzamento delle valute europee — Poiché le aziende europee generano la maggior parte dei ricavi all’estero, l’indebolimento del dollaro statunitense e il rafforzamento delle valute europee rappresentano un chiaro ostacolo.
- Tassi d’interesse più elevati — Nonostante i recenti tagli e gli spread creditizi contenuti, i tassi restano superiori rispetto al passato, aumentando il costo del (ri)finanziamento.
Perché la domanda interna europea potrebbe compensare questi timori nel 2026
Dopo una fase prolungata di debolezza, mi aspetto che la domanda interna in Europa acceleri nel corso del 2026, contribuendo a compensare alcuni dei venti contrari sopra citati. Ecco i principali elementi alla base della mia visione più ottimista:
- La svolta fiscale della Germania — All’inizio di quest’anno, la Germania ha annunciato una svolta importante nella propria politica fiscale. Dopo anni di austerità, intende ora destinare circa il 25% del PIL a progetti infrastrutturali e di difesa nell’arco del prossimo decennio. Sebbene non manchino sfide legate all’attuazione, ritengo che questo ambizioso piano di spesa possa contribuire in modo significativo alla crescita tedesca ed europea, attenuando in parte l’impatto negativo dello shock legato ai dazi. Potremmo iniziare a vederne i primi effetti già dal prossimo anno, grazie all’attenzione del governo verso investimenti locali con impatto immediato e visibile.
- Allentamento monetario — Le condizioni monetarie europee indicano già un miglioramento della dinamica economica. Se, come mi aspetto, l’inflazione continuerà a scendere, è probabile che si verifichino ulteriori misure di allentamento. Questo dovrebbe sostenere la crescita interna, poiché l’economia europea è fortemente sensibile ai tassi di breve termine: sia le imprese che le famiglie fanno ampio ricorso a debito indicizzato a tasso variabile di breve durata. Un segnale indicativo: l’attività edilizia in Europa ha iniziato a riprendersi.
- Solida situazione finanziaria delle famiglie — I consumatori europei hanno accumulato un significativo surplus di risparmio e i bilanci delle famiglie sono i più solidi degli ultimi vent’anni. Il calo dei tassi, l’aumento dei prezzi delle abitazioni e la fine dello shock energetico dovrebbero sostenere i consumi e consentire una parziale normalizzazione del tasso di risparmio. Secondo alcuni indicatori, la crescita dei prestiti al consumo nell’area euro è già superiore a quella degli Stati Uniti.
- Ripresa del settore manifatturiero — Il settore manifatturiero ha frenato la crescita europea negli ultimi anni, ma gli indicatori anticipatori stanno mostrando segnali di ripresa, con arretrati di ordini e scorte che sembrano stabilizzarsi. Si parte da livelli molto bassi, ma si tratta dei segnali più chiari di inversione da quattro anni a questa parte.
Cosa significa tutto questo in termini di posizionamento?
Ecco alcuni principi generali che suggerisco agli investitori di tenere presenti:
- Preferire le società orientate al mercato interno — Le aziende domestiche stanno già registrando un’accelerazione degli utili nettamente superiore rispetto ai concorrenti internazionali, il che è di buon auspicio per le quotazioni, considerando che mi aspetto una ripresa della crescita interna nel prossimo anno.
- Cercare margini solidi — Le previsioni sui margini per molte società europee appaiono elevate nel confronto storico. Sebbene parte di questa crescita attesa sia di natura strutturale, la considero un rischio nel breve periodo, soprattutto se associata a valutazioni elevate. Il comparto dei beni strumentali, del software e dei servizi commerciali desta particolare attenzione in questo senso.
- Allinearsi ai beneficiari del cambiamento di regime — Oltre ai settori legati alla domanda interna, come telecomunicazioni, banche e costruzioni, ritengo che alcune società della difesa e le utility con elevate barriere all’ingresso possano essere tra i principali vincitori della trasformazione europea. Con alcune eccezioni, molti di questi titoli appaiono ancora sottovalutati in un’ottica di lungo periodo.
- Evitare i vincitori del passato — Al contrario, ritengo che le valutazioni dei grandi titoli orientati all’export, in settori come beni di lusso e auto, non si siano ancora adeguate al nuovo contesto caratterizzato da un rallentamento della globalizzazione e da barriere commerciali più elevate. Eviterei inoltre le società growth che dipendono da finanziamenti a basso costo, poiché un’inflazione strutturalmente più alta limiterà probabilmente l’ampiezza della discesa dei tassi d’interesse.
Conclusioni
La tesi sull’Europa resta solida, ma sono necessarie maggiore selettività e un posizionamento attento per mitigare l’impatto degli attuali venti contrari e ottimizzare l’esposizione alle nuove opportunità generate dal cambiamento di regime in atto nel continente.