L’esposizione internazionale perde attrattiva
Le crescenti tensioni geopolitiche, le guerre commerciali e l’onshoring sono importanti ostacoli per la globalizzazione. Con il continuo incremento delle tensioni geopolitiche e delle restrizioni commerciali, la quota del commercio internazionale rispetto all’economia globale potrebbe restringersi. L’Europa è stata tra le principali beneficiarie della globalizzazione, dal momento che le sue economie sono tra le più aperte al mondo. L’espansione internazionale e l’ottimizzazione delle catene di approvvigionamento sono state importantissimi fattori di traino della redditività per le multinazionali europee, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008 quando la domanda interna in Europa era scesa a livelli insolitamente bassi.
Oggi, tuttavia, l’Europa appare particolarmente vulnerabile. Ad esempio, l’attuale “malessere” economico della Germania può in larga misura essere spiegato dalla politica decennale del paese di favorire le esportazioni a scapito della domanda interna. Man mano che le aziende si adattano a questo nuovo e più frammentato contesto, essere una società orientata ai mercati esteri potrebbe non essere più un fattore altrettanto positivo.
Implicazioni per gli investimenti — In aggregato, mi attendo che i settori incentrati sull’economia interna e i titoli small cap avranno un andamento migliore rispetto ai grandi esportatori, e che i mercati periferici continueranno a sovraperformare le controparti core. Il secondo mandato di Trump potrebbe imprimere un’accelerazione a questo cambiamento.
Inflazione e tassi intrinsecamente più elevati
Nel decennio successivo alla crisi finanziaria, le banche centrali sono state in grado di mantenere una politica monetaria insolitamente accomodante per un determinato livello di crescita, dal momento che l’inflazione era pressoché inesistente. Gli asset rischiosi, come i titoli azionari, hanno enormemente beneficiato di questi continui stimoli monetari, soprattutto negli Stati Uniti.
Tuttavia, credo che questo stia cambiando. Una serie di tendenze, come il rallentamento della globalizzazione, i crescenti interventi politici, la continua espansione fiscale e l’invecchiamento demografico globale potrebbero determinare un’inflazione intrinsecamente più elevata rispetto al periodo post-GFC. Al contempo, è possibile che l’Europa avvertirà l’impatto deflazionistico dovuto alla IA più tardi che gli Stati Uniti (dal momento che la regolamentazione potrebbe rallentare l’adozione della IA in Europa).
Mentre le banche centrali europee hanno recentemente iniziato a tagliare i tassi per supportare la crescita in calo, il cambiamento strutturale dell’inflazione farà sì che qualsiasi ulteriore decisione sui tassi dovrà essere valutata in funzione del trade-off fra il deterioramento della crescita e l’inflazione. L’esportazione della capacità in eccesso cinese potrebbe fungere da parziale contrappeso deflazionistico ma, tutto considerato, sono convinto che l’inflazione e i tassi resteranno strutturalmente più elevati.
Implicazioni per gli investimenti — Il ritorno strutturale verso tassi positivi dovrebbe sostenere le azioni europee relativamente alle altre regioni, ma alcune aree ne beneficeranno più di altre:
- I titoli value tendono a essere meno sensibili delle controparti growth agli incrementi dei tassi, dal momento che un’alta percentuale dei loro flussi di cassa è allocata nelle fasi iniziali. Dato che il divario fra value e growth è ancora estremo, prevedo più potenzialità per le aziende value con modelli di business sostenibili e livelli di indebitamento ragionevoli. I mercati azionari europei presentano una sovraponderazione dei titoli value.
- Anche le aziende in posizioni dominanti dovrebbero essere favorite, dal momento che i costi di finanziamento più elevati potrebbero ridurre le capacità di ingresso sul mercato dei cosiddetti “disruptor”. L’Europa conta ben pochi disruptor, ma un numero elevato di attività “disrupted”. I tassi di interesse bassi hanno consentito ai disruptor di accedere a finanziamenti a buon mercato assicurando così la loro capacità di continuare a rivestire questo ruolo per un periodo più lungo, senza dover necessariamente generare profitti. Tuttavia, l’incremento dei costi di finanziamento renderebbe i modelli di business di queste aziende molto meno sostenibili.
- Le banche sono state particolarmente penalizzate dai tassi negativi, che hanno ridotto i loro margini di interesse netto; ma questa situazione sta cambiando. La valutazione delle banche europee non rispecchia ancora l’accresciuta redditività del settore, a fronte della riduzione della leva finanziaria e di patrimoni di vigilanza estremamente solidi.