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Decifrando il contesto macroeconomico – Edizione di febbraio 2024

Marco Giordano, Investment Director
2025-03-31
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Le opinioni espresse sono quelle dell’autore alla data di redazione. I singoli team di gestione possono esprimere opinioni differenti e prendere decisioni d'investimento diverse. Il valore finale dell’investimento potrebbe essere superiore o inferiore a quello dell’investimento iniziale. Eventuali dati di terzi utilizzati nel presente documento sono considerati affidabili, tuttavia non è possibile garantirne l’esattezza. Destinato esclusivamente a investitori professionali.

Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di febbraio

  1. Ritardo nei tagli dei tassi. Il 2024 è ormai iniziato da due mesi e non sembra che le banche centrali siano pronte a tagliare i tassi di interesse, o almeno non così presto come si aspettavano i mercati durante il rally da record registrato a dicembre. Alla fine dello scorso anno, gli investitori prevedevano che il primo taglio dei tassi sarebbe avvenuto nelle prossime settimane, con la Fed in testa. A fine febbraio, i mercati hanno eliminato dalle proprie previsioni tre dei tagli precedentemente stimati e ora si aspettano che la Fed inizi a ridurre i tassi non prima di giugno.

    Sebbene sia chiaro che l'inflazione ha raggiunto il suo picco e si trova su una traiettoria discendente, le banche centrali sono alla ricerca di una garanzia ragionevole del fatto che l'inflazione tende verso il target del 2%. Finora gli indicatori economici si sono mantenuti solidi, suggerendo agli investitori che non si è ancora generato un significativo rallentamento nell'economia globale. I verbali della riunione del FOMC di gennaio hanno rivelato un certo timore nel tagliare i tassi in modo troppo aggressivo, visti i rischi di inflazione al rialzo. In un'intervista rilasciata all’FT a inizio febbraio, Schnabel della BCE ha espresso chiaramente i rischi legati ad una riduzione dei tassi rapida, affermando: "Dobbiamo essere pazienti e cauti perché la storia ci insegna che l'inflazione può riaccendersi". Così come negli Stati Uniti, i mercati prevedono un inizio ritardato del ciclo di riduzione dei tassi nell'area euro.
  2. Le economie stanno (ri)accelerando. Un ritardo nel taglio dei tassi di interesse sembra essere giustificato dal cauto ottimismo che circonda l'economia globale. I mercati emergenti continuano a crescere e quelli sviluppati hanno probabilmente superato i minimi del ciclo economico dopo il rallentamento della seconda metà dello scorso anno, che ha visto alcuni paesi evitare per poco o entrare in una recessione tecnica molto superficiale. La resilienza dei consumi statunitensi nel 2023 ha permesso all’economia americana di continuare a crescere nonostante le fluttuazioni significative del ciclo economico. Tuttavia, il ritmo di crescita ha iniziato a rallentare, con l'indice ISM manifatturiero e quello dei servizi che si sono indeboliti nell'ultimo mese, rispettivamente a 47,8 e 52,6. Questo dato è in linea con le aspettative del mercato di un soft landing, tanto che a questo punto non si può escludere dai risultati uno scenario di "no landing" (in cui gli Stati Uniti evitano del tutto la recessione).

    Gli investitori seguono con attenzione gli sviluppi in Europa, dove si sta assistendo a una sorta di inversione di tendenza rispetto allo scorso anno. Il Regno Unito continua ad accelerare verso uno shock negativo dell'offerta (la disoccupazione è ai minimi da 50 anni), con l’indice PMI dei servizi a quota 53,8 e la politica fiscale che dovrebbe allentarsi ulteriormente in vista delle elezioni di quest'anno: questo fattore ha implicazioni significative per la Bank of England e gli operatori di mercato. Nell'area euro, nonostante la crescente divergenza tra il futuro della Germania e quello degli altri Paesi, i dati economici sono sempre più positivi, secondo quanto emerso dall’Economic Surprise Index di Citi che questo mese è ritornato in territorio positivo per la prima volta dal secondo trimestre dello scorso anno, il che significa che i dati sono più forti del previsto.
  3. Rallentamento della Cina. Il Capodanno cinese, il 10 febbraio, ha segnato l'inizio dell'Anno del Dragone e questa festività è tipicamente caratterizzata da solidi consumi interni e un forte turismo domestico.  Quest'anno è stato anche il primo non influenzato dalle restrizioni legate al Covid, ma i dati hanno in qualche modo deluso, in quanto il consumo pro-capite è rimasto al di sotto dei livelli del 2019 nonostante il numero record di persone che si spostano in tutto il Paese.

    La cautela degli investitori nei confronti della crescita cinese è proseguita nel corso del mese e la People's Bank of China (PBoC) ha tagliato il tasso di riferimento sui prestiti a 5 anni (loan prime rate - LPR) di 25 punti base, portandolo al 3,95%. Questa mossa ridurrà il costo totale dell'edilizia anticiclica supportata da sussidi fiscali, che è integrata da prestiti commerciali. Allo stesso tempo, però, è probabile che i margini di interesse netti delle banche vengano messi sotto pressione e l’impatto sul settore delle famiglie potrebbe rivelarsi limitato. Abbiamo già assistito a un repricing dei mutui a livello industriale guidato dalla PBoC nel 2023, con un impatto limitato sulla spesa dei consumatori e sulle compravendite di immobili residenziali. I rendimenti dei titoli di Stato cinesi hanno continuato a scendere a febbraio, mentre gli spread del credito cinese si sono ristretti.
  4. Soft landing e credito. Sulla scia del rallentamento (positivo) della crescita statunitense e delle sorprese al rialzo in Europa, i mercati del credito hanno visto un continuo restringimento degli spread a febbraio, sostenuto da utili solidi e da un quadro macroeconomico in miglioramento. Per contestualizzare il fenomeno, gli spread globali di tipo investment grade sono tornati ai livelli a cui abbiamo assistito a fine del 2021, prima dell'inizio del ciclo di rialzo dei tassi; tuttavia, i rendimenti complessivi rimangono registrati per l'ultima volta nel 2009, il che significa che le emissioni record da parte delle società potrebbero di fatto essere soddisfatte da crescenti allocazioni ai fondi di credito.
  5. Giappone. Come ormai già visto nell'ultimo anno; la Bank of Japan (BoJ) sembra sul punto di porre fine alla sua politica di tassi d'interesse negativi durata oltre 8 anni. L'inflazione è rallentata per il quinto mese consecutivo, ma rimane ben al di sopra del target, con l'IPC core su base annua che ha chiuso gennaio al 3,5%. La BoJ ha mantenuto la sua politica ultra-accomodante per stabilire la credibilità nel generare inflazione dopo che il Paese ha sperimentato prolungati periodi di bassa inflazione/deflazione dall'inizio degli anni '90. Il calo dell'inflazione è dovuto alla riduzione dell'inflazione dei beni, che indica un'espansione dei margini e un certo potere di determinazione dei prezzi. L'aumento dei salari previsto in seguito alle trattative sindacali annuali manterrà probabilmente l'inflazione interna al di sopra del 2%. Ci sono tutti i presupposti affinché la Bank of Japan ponga fine a un contesto di tassi di interesse negativi durante i meeting di marzo o aprile.

 

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