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Outlook macroeconomico globale di metà 2023

Se gli Stati Uniti starnutiscono, il mondo prende il raffreddore?

John Butler, Macro Strategist
2024-05-31
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Mid Year Outlook Designs

Le opinioni espresse sono quelle dell’autore alla data di redazione. I singoli team di gestione possono esprimere opinioni differenti e prendere decisioni di investimento diverse. Il valore finale dell’investimento potrebbe essere superiore o inferiore a quello dell’investimento iniziale. Eventuali dati di terzi utilizzati nel presente documento sono considerati affidabili, tuttavia non è possibile garantirne l’accuratezza. Destinato esclusivamente a investitori professionali.

Una delle conclusioni derivanti dalla nostra analisi, come sottolineato nel nostro outlook economico globale per il 2023, è che i cicli macroeconomici diverranno probabilmente più estremi, frequenti e compressi, man mano che le banche centrali si trasformano in un'ulteriore fonte di volatilità, invece di assorbirla. Una delle implicazioni macroeconomiche chiave di questa constatazione è la probabile maggiore divergenza ciclica tra i diversi Paesi e la necessità di risposte diverse da parte delle rispettive banche centrali.

Tuttavia, il mercato sembra non essere d'accordo e sconta attualmente una costante convergenza ciclica (Figura 1), implicando che la dinamica storica creatasi alla fine degli anni novanta del secolo scorso resterà valida.

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Contrariamente a quanto previsto dai mercati, crediamo che molti dei fattori che hanno contribuito per gli ultimi trent'anni alla convergenza delle banche centrali siano ormai giunti al termine o abbiano iniziato a segnare un'inversione. Di conseguenza, ci aspettiamo che le interconnessioni tra Paesi, politiche monetarie delle banche centrali e prezzi di mercato cambino, creando opportunità potenzialmente interessanti per la gestione attiva e la selezione dei titoli.

ll nostro punto di vista mette in discussione molti dei presupposti intrinseci che hanno retto negli ultimi decenni, in particolare:

  • La crescita globale era determinata dal consumatore statunitense: dalla fine degli anni novanta la crescita globale ha segnato una notevole convergenza, con l'evolversi di una chiara catena di fornitura. Gli Stati Uniti hanno rappresentato l'acquirente dominante dei beni di consumo cinesi e dei beni strumentali tedeschi e giapponesi. Di conseguenza, quando gli Stati Uniti hanno registrato un'inversione del ciclo, il resto del mondo ha fatto altrettanto, seppur con un certo ritardo. Ciò ha anche portato le banche centrali a seguire l'esempio della Federal Reserve (Fed). Questa situazione, tuttavia, è destinata a cambiare: secondo le nostre analisi, stiamo tornando a un contesto in cui il modello di crescita dei grandi attori economici, in particolare Europa, Giappone e Cina, si sta spostando dalle esportazioni all'aumento della domanda interna. Ci sono segnali evidenti che a trainare la crescita in ciascuna di queste regioni sia ora il settore dei servizi, piuttosto che quello manifatturiero.
  • I flussi di capitali derivanti dalla globalizzazione hanno determinato una convergenza delle politiche monetarie delle banche centrali: nell'era della globalizzazione trainata dai consumatori statunitensi, se una banca centrale superava eccessivamente il livello dei tassi della Fed, la sua valuta si apprezzava e ciò frenava la crescita delle esportazioni del proprio paese. In futuro, riteniamo che l'atteggiamento delle autorità monetarie nei confronti del rafforzamento della valuta cambierà quando l'inflazione sarà elevata e non più percepita come pericolosamente bassa. Per fare un esempio recente, la Banca Nazionale Svizzera ha completamente abbandonato i tassi di interesse negativi a metà del 2022 e, da allora, ha permesso al franco svizzero di rafforzarsi rispetto a un ampio paniere di valute dei mercati sviluppati per contrastare il riemergere dell'inflazione. Anche se, al momento della stesura del presente documento, la Banca del Giappone è ancora fedele alla sua politica di tassi negativi, riteniamo che sia in procinto di passare a una politica più rigorosa (potenzialmente abbandonando la politica di tassi negativi e il controllo della curva dei rendimenti), dato il costante aumento di pressioni inflazionistiche "sostenibili".
  • Mancanza di pensiero indipendente tra le banche centrali: le principali banche centrali al di fuori degli Stati Uniti si sono abituate a seguire l'esempio della Fed e a rispecchiarne la funzione di reazione. Questo potrebbe non essere un problema in un'epoca di inflazione contenuta ma, nel mondo di oggi, diventerà molto più difficile nascondersi all'interno del "gregge" , soprattutto nei periodi in cui l'inflazione di alcuni paesi sarà in aumento. L'Europa, ad esempio, è stata molto meno colpita degli Stati Uniti dalle recenti turbolenze del settore bancario e la Banca Centrale Europea (BCE) ha ancora diversa strada da fare prima di essere pronta a sospendere i rialzi dei tassi. Al contrario, le dinamiche di fine ciclo per l'economia statunitense ci inducono a pensare che la Fed sia ormai prossima alla fine del suo ciclo di rialzi.

La figura 2 mette in luce un esempio di questa crescente divergenza. La figura che la recente accelerazione dell'offerta globale di moneta, definita come liquidità e depositi rimborsabili a breve termine (M2), in Cina, Europa e Giappone ha più che compensato la contrazione registrata negli Stati Uniti.

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In sintesi, l'ipotesi di convergenza ciclica del mercato potrebbe essere messa in discussione.

Gli indicatori di attività globale per i mercati sviluppati suggeriscono una tenuta a breve termine, ma ci aspettiamo che emergano segnali di divergenza, con una maggiore indipendenza dagli Stati Uniti. Dopo la crisi finanziaria globale, le autorità monetarie di diversi paesi si sono limitate a imitare la Fed e, in misura minore, la BCE, anche se la fonte dei loro problemi era diversa. Di conseguenza, questi Paesi (tipicamente piccole economie aperte) si sono ritrovati con un'inflazione più elevata rispetto agli Stati Uniti e all'eurozona. In un mondo di inflazione globale contenuta, queste pressioni sui prezzi hanno spinto al rialzo i costi degli alloggi e l'indebitamento delle famiglie. Questi effetti negativi della convergenza della politica monetaria hanno avuto meno importanza a livello globale, trattandosi di piccole economie.

A meno che la crisi bancaria statunitense non si trasformi in una problematica globale, i paesi che seguiranno rapidamente la risposta della Fed al problema attuale dovranno affrontare ancora una volta delle conseguenze: per citarne una, avranno maggiori probabilità di dover fare i conti con un'inflazione elevata nel medio termine. Per questo motivo riteniamo che i mercati non scontino correttamente questo andamento. Potrebbero quindi verificarsi due situazioni. Nel primo caso, l'attuale dinamica simmetrica scontata dai diversi mercati, che presuppone che le banche centrali seguano automaticamente un potenziale taglio della Fed, è sbagliata. Altrimenti, nel secondo caso, se questa si rivelasse corretta e le banche centrali prendessero ancora una volta spunto dalle azioni monetarie della Fed, questa convergenza politica ingiustificata potrebbe portare a un aumento dei premi per il rischio nella parte lunga delle curve dei rendimenti in vari Paesi. Di conseguenza, i prezzi attuali per la porzione lunga delle curve dei rendimenti sono incongrui e, data la portata delle implicazioni, ciò potrebbe provocare delle considerevoli sottoperformance rispetto agli Stati Uniti per un ampio spettro di asset. Qualcosa deve cambiare.

Il nostro esperto

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