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Perché la COP26 è stata (probabilmente) più positiva di quanto suggeriscano i media

Alan Hsu, Portfolio Manager
2022-07-31
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La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) si è chiusa con risultati eterogenei, che a nostro avviso sono però più positivi di quanto dipinto dai media. Crediamo che il Patto sul Clima stipulato a Glasgow costituirà il quadro di riferimento per l’accelerazione di interventi coordinati volti a limitare l’innalzamento delle temperature globali e a evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico.

Target più ambiziosi: le Parti si sono accordate per contenere l’incremento della temperatura globale entro 1,5°C (un target più ambizioso del precedente di 2°C) e ridurre le emissioni entro il 2030 anziché il 2050.

Oltre la CO2: si è parlato anche di riduzione delle emissioni di metano, un agente che influisce sul riscaldamento terrestre molto più dell’anidride carbonica.

Abbandono del carbone: le Parti hanno stabilito che l’energia prodotta con il cosiddetto carbone unabated1 dovrà diminuire sino a rappresentare una minima parte del mix energetico globale prima del termine precedentemente fissato. Per la prima volta in occasione di una COP è stato esplicitamente riconosciuto il ruolo dei combustibili fossili nella crisi climatica.

Robusti finanziamenti a favore del clima: nel settore pubblico, i governi si sono impegnati a investire altri 100 miliardi di USD l’anno per i prossimi due anni per finanziare progetti di resilienza climatica. Quanto al settore privato, 220 società hanno promesso di allineare USD 57.000 miliardi agli obiettivi di azzeramento delle emissioni nette entro il 2050. In particolare, oltre 450 società quotate, consce di avere un ruolo di spicco nel repricing del rischio climatico, hanno dato vita a una nuova associazione, la Glasgow Financial Alliance for Net ZeroGlasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ), con l’obiettivo dichiarato di allineare i finanziamenti ai target di azzeramento delle emissioni nette.

Crediti di CO2: le Parti hanno acconsentito all’utilizzo delle compensazioni della CO2 per tener fede agli impegni sul fronte climatico.

I media hanno criticato le Parti per non aver fornito sufficienti dettagli in merito all’implementazione di tali obiettivi e per aver “annacquato” alcuni degli obiettivi originali stabiliti dall’Accordo di Parigi in occasione della COP21 del 2015, e su questo non hanno tutti i torti. L’anticipo dei termini dei target per le emissioni al 2030 implica una riduzione di appena il 45% rispetto ai livelli del 2010 e le Parti hanno ammesso che le emissioni globali continueranno ad aumentare almeno sino al 2025. Non c’è da stupirsi se la percezione è che, nonostante le buone intenzioni, alla fin fine il risultato sia inferiore alle aspettative.

E, nonostante il carbone sia stato oggetto di maggiore attenzione, i toni del Patto sono stati attenuati all’ultimo, tramite la sostituzione del termine “abbandono” con “riduzione” in riferimento all’unabated coal. Anche le dichiarazioni in merito ai combustibili “ponte” come il gas naturale sono risultate più accomodanti. Infine, malgrado l’approvazione dell’impiego delle compensazioni di CO2 per agevolare la riduzione delle emissioni globali, occorre sottolineare che le compensazioni non sono uniformi e potrebbe essere arduo commoditizzarle, uno scoglio che probabilmente ne diminuirebbe l’efficacia. Inoltre non tutti i Paesi hanno incrementato gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio, che in ultima analisi è quel che conta di più.

Spunti per gli investimenti

Malgrado le delusioni della COP26, ora è chiaro che la decarbonizzazione è un trend globale, di lungo periodo e onnicomprensivo che interesserà pressoché ogni settore in un modo o nell’altro. Paesi e società si sono impegnati per migliaia di miliardi di dollari per conseguire obiettivi sempre più ambiziosi in termini di decarbonizzazione. L’adeguamento al cambiamento climatico è stato finalmente recepito come importante tema di investimento e forma di garanzia contro gli effetti del cambiamento climatico. Di conseguenza, i tassi di sconto per le soluzioni di mitigazione e adattamento dovrebbero allinearsi a un mercato in espansione in cui la domanda supera l’offerta. E dato che i crediti di CO2 sono sempre più utilizzati per sostenere la transizione verso basse emissioni, lo scarto in termini di performance e valutazioni tra asset favoriti dal clima e asset non favoriti dal clima è destinato ad aumentare.

Crediamo che le conseguenze a lungo termine del Patto di Glasgow sul Clima possano essere le seguenti:

  • la decarbonizzazione proseguirà e le energie rinnovabili generate su ampia scala sostituiranno man mano l’energia basata sugli idrocarburi, poiché le tecnologie mirate all’efficienza sono sempre più richieste e diffuse e i mezzi di trasporto a bassa intensità di CO2 stanno raggiungendo la massa critica;
  • i mercati di CO2 continueranno a evolversi coinvolgendo sempre più stakeholder e, infine, si arriverà a un prezzo più efficiente di quest’ultima;
  • i Paesi potrebbero rivalutare il ruolo del nucleare al fine di conseguire l’obiettivo di 1,5°C;
  • nei prossimi 20 anni assisteremo a grandi innovazioni nei processi di cattura della CO2 e nelle soluzioni di adattamento a e mitigazione del cambiamento climatico rese possibili dal maggior sostegno dei mercati finanziari.

La COP26 non ha proposto novità strabilianti per la decarbonizzazione, tuttavia le società di alcuni settori stanno sviluppando attivamente diverse soluzioni, ad esempio di agricoltura sostenibile, di cattura e stoccaggio della CO2 e di rilevamento di alghe, biomasse e CO2. La COP26 ha inoltre confermato che le soluzioni scalabili consentite dalle società che sviluppano tecnologie innovative correlate al clima godranno di mercati finali globali enormi.

Nel complesso la COP26 è riuscita a compiere importanti passi avanti sulla definizione di obiettivi climatici chiari e sull’urgenza di conseguirli. La strada è ancora lunga. D’ora in avanti quello che governi e Paesi faranno conterà molto ma molto di più di ciò che diranno.

Solo il tempo ci rivelerà se la COP26 consentirà un’accelerazione degli importanti e necessari interventi sul cambiamento climatico.


1 L’Agenzia Internazionale dell’Energia definisce “unabated” il consumo di combustibili fossili come il carbone in impianti non dotati di sistemi di cattura, riutilizzo e stoccaggio della CO2.
A cura di
hsu-alan
Alan Hsu
Portfolio Manager
Boston

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