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Le opinioni espresse sono quelle degli autori alla data di redazione. Altri team di gestione possono esprimere opinioni differenti e prendere decisioni di investimento diverse. Il valore finale dell’investimento potrà essere superiore o inferiore a quello dell’investimento iniziale. I dati di terzi utilizzati nel presente documento sono considerati affidabili, tuttavia la loro accuratezza non è garantita.
Crediamo che il 2022 sarà un anno di transizione, durante il quale il focus di mercato si sposterà dal COVID allo stato della crescita e dell’inflazione e alla risposta delle banche centrali. I mercati sviluppati sono ormai prossimi al passaggio da pandemia a endemia, con tassi di vaccinazione più alti e cure migliori in grado di ridurre il rischio di ulteriori lockdown. La liquidità rimane abbondante per i consumatori e le aziende. I consumatori hanno rafforzato le loro scorte di risparmio in modo significativo negli ultimi trimestri, i salari dovrebbero continuare a crescere e la spesa dovrebbe aumentare (Figura 1). Le aziende, da parte loro, stanno beneficiando di condizioni di finanziamento ideali, di ristrutturazioni dovute al COVID e di una forte crescita nominale, tutti fattori che dovrebbero continuare e sostenere gli utili l’anno prossimo.
D’altra parte, le banche centrali riconoscono ora di aver sottovalutato l’inflazione (sia il livello che la persistenza) e si trovano a dover “centrare l’atterraggio” inasprendo la politica quanto basta per contenere l’inflazione senza far deragliare il ciclo. In definitiva, crediamo che il risultato sarà una reflazione piuttosto che una stagflazione, con la ripresa dal COVID a sostenere una domanda più forte, specialmente nell’economia dei servizi.
Anche se il contesto economico potrebbe nel 2022 non essere altrettanto favorevole per il mercato che nel 2021, manteniamo un atteggiamento di propensione al rischio e preferiamo essere moderatamente sovrappesati sulle azioni rispetto alle obbligazioni, moderatamente sottopesati rispetto alle azioni ME e sovrappesati rispetto alle materie prime. Con il recupero del ciclo globale, pensiamo che le regioni che hanno maggiormente risentito delle dinamiche deflazionistiche prima della pandemia beneficeranno maggiormente di una maggiore inflazione. Pertanto, in ambito azionario, prediligiamo l’Europa e il Giappone rispetto agli Stati Uniti e ai ME. I mercati al di fuori degli Stati Uniti sono anche maggiormente ponderati verso i settori value/ciclici, come quelli finanziari ed energetici, che probabilmente risponderanno meglio agli aumenti dei tassi determinati dall’inflazione. Per quanto riguarda le materie prime, rimaniamo rialzisti sull’energia e sui metalli industriali, alla luce delle dinamiche cicliche e strutturali.
Passando al segmento obbligazionario, vediamo un maggiore rialzo per i rendimenti negli Stati Uniti e in Europa, e pensiamo che le forti caratteristiche tecniche della domanda continueranno a compensare le valutazioni elevate dei mercati degli spread. Prediligiamo inoltre il valore relativo degli spread del debito ME, in particolare per le società.
L’Europa flirta con la deflazione da diversi anni, e il Giappone lotta con questa malattia da ancora più tempo. Un’inflazione più alta dovrebbe spingere i consumatori e le imprese a spendere e investire, piuttosto che aspettare prezzi più modesti in futuro. D’altra parte, un’inflazione più elevata potrebbe essere uno svantaggio per gli Stati Uniti, dove, nonostante i recenti sforzi per generare inflazione, essa si è ora spostata al di sopra dell’obiettivo, e per i ME, dove l’inflazione è già molto più elevata del target.
L’Europa e il Giappone dovrebbero anche beneficiare di elevati tassi di vaccinati tra le loro popolazioni, di una potenziale spinta della politica fiscale e di valutazioni economiche rispetto agli Stati Uniti. Prevediamo un governo di coalizione in Germania, che potrebbe aumentare la spesa senza aumentare le tasse e cercare di ottenere una politica più favorevole a livello di Unione Europea (UE). In Giappone, nonostante qualche intoppo iniziale, è probabile che il nuovo primo ministro Kishida continui ad adottare politiche reflazionistiche. Siamo incoraggiati dal fatto che la fiducia dei consumatori giapponesi sia aumentata, nonostante le aspettative di inflazione in aumento, il che ci sembra una prova che i redditi reali siano percepiti in ascesa (Figura 2). Crediamo inoltre che il Paese resti terreno fertile per alfa di tipo bottom-up.
Manteniamo la nostra posizione neutrale sull’azionario USA. Nonostante le preoccupazioni relative a valutazione e inflazione, l’economia è solida e sostenuta dal risparmio accumulato e dall’aumento dei salari. Ci concentriamo su società di qualità elevata in settori orientati al valore o ai ciclici.
Siamo moderatamente ribassisti sui ME, tenendo conto delle loro difficoltà per quel che concerne i vaccini e della mancanza di accesso a farmaci antivirali, del potenziale di aumenti aggressivi dei tassi per affrontare l’inflazione a due cifre, della scarsa dinamica fiscale e della volatilità politica, condizioni che potrebbero gettare le basi per un ambiente stagflazionistico. La Cina sta rallentando, ma ci sono segnali di modesta espansione della politica monetaria. Tuttavia, temiamo che finché la Cina non abbandonerà la sua politica “zero-COVID” difficilmente riuscirà a generare un solido recupero. All’interno dello spazio ME, abbiamo una preferenza per gli esportatori di materie prime, che dovrebbero trarre vantaggio dal nostro contesto di inflazione e prezzi delle materie prime più alti.
Anche se le materie prime hanno già goduto di un forte rialzo, manteniamo la nostra visione rialzista, dato il quadro di inflazione globale e la sensibilità storica dell’asset class all’aumento dei prezzi. Prevediamo che gli squilibri tra domanda e offerta nei settori dell’energia, dei metalli e dell’agricoltura persisteranno, poiché i recenti sottoinvestimenti (in risposta alla pressione degli azionisti) si scontrano con l’aumento della domanda. Inoltre, il crescente sforzo per decarbonizzare l’economia sta contribuendo a far salire i costi di una serie di materie prime.
In questo contesto, incoraggiamo gli investitori a considerare un’esposizione alle materie prime, sia attraverso i future sulle materie prime, le società energetiche o i titoli minerari. Dati i timori relativi all’ESG, preferiamo le società dotate di programmi ben definiti e che abbiano compiuto progressi significativi nella transizione delle loro attività verso le energie rinnovabili e la riduzione della loro impronta di CO2.
Nei prossimi mesi ci aspettiamo un periodo tumultuoso per i tassi, mentre i mercati cercano di capire come le banche centrali risponderanno alle pressioni sull’inflazione. Forse stiamo entrando in un cambiamento di paradigma per le funzioni di reazione di molte banche centrali: in questo caso, data un’inflazione più elevata, si concentrerebbero meno sull’allentamento per affrontare la crescita più lenta (Figura 3). Come abbiamo visto nelle regioni del blocco del dollaro, i mercati potrebbero mettere alla prova le banche centrali spingendo al rialzo la parte breve e appiattendo le curve dei rendimenti. Detto questo, le aspettative di mercato negli Stati Uniti hanno collocato il primo rialzo dei tassi a metà 2022, in linea con le previsioni della Fed, quindi pur rimanendo moderatamente ribassisti sui tassi statunitensi ed europei, non vediamo molte possibilità di un forte rialzo dei tassi.
Nell’obbligazionario di tipo growth (credito), le valutazioni sono elevate, con la maggior parte degli spread ben all’interno dei livelli mediani. Tuttavia, pensiamo che i default resteranno probabilmente molto contenuti e che gli elementi tecnici della domanda siano forti, poiché la domanda estera di rendimento persiste e i rendimenti del credito USA con copertura valutaria sono interessanti per molti investitori non statunitensi. All’interno del credito, preferiamo il debito ME all’high yield statunitense, per via dei suoi spread decisamente più ampi. Le valutazioni del credito sono state un indicatore affidabile degli extra-rendimenti futuri, una dinamica di cui continuiamo a fidarci. Riteniamo che il Messico, la Russia e vari paesi dell’Europa centrale e orientale siano interessanti.
Prediligiamo anche i prestiti bancari, che offrono valutazioni interessanti rispetto all’high yield statunitense e che potrebbero beneficiare della stretta della Fed. Troviamo che le cartolarizzazioni siano invitanti rispetto alle società investment-grade dal punto di vista della valutazione e del rischio, data l’abbondanza di tipi di asset. All’interno di esse, prediligiamo le strutture a tasso variabile nei CLO (obbligazioni garantite da prestiti) e nei CMBS (obbligazioni garantite da ipoteche commerciali). I nuovi fattori patrimoniali basati sul rischio adottati dalla National Association of Insurance Commissioners probabilmente aumenteranno la domanda di obbligazioni con rating AAA e AA.
Il nostro scenario di base è che la ripresa economica continuerà e la domanda supererà i rischi di una maggiore inflazione. In particolare, pensiamo che un elevato stock di risparmio e l’aumento dei salari permettano ai consumatori di essere ben posizionati per gestire i prezzi più elevati. Un errore di politica monetaria rappresenterebbe un rischio chiave se le banche centrali fossero lente nel reagire all’inflazione e le aspettative di inflazione si disancorassero, portando a un rapido e significativo aumento dei tassi. In alternativa, una percezione di eccessiva aggressività da parte delle banche centrali nelle loro politiche di inflazione potrebbe provocare un deragliamento del ciclo. Pensiamo che le banche centrali riescano a trovare il giusto equilibrio, ma siamo diffidenti rispetto a eventuali errori di politica monetaria.
Il COVID rimane un rischio man mano che parte del mondo si muove verso i mesi invernali vissuti in spazi interni e circa cinque miliardi di persone rimangono non vaccinate, il che potrebbe dare origine a nuove varianti. Sfortunatamente, è probabile che le “eccedenze” di COVID perdurino ancora per anni nei Paesi emergenti.
È difficile discernere il percorso della Cina dato il sistema poco trasparente del Paese. Se la stretta creditizia del paese e la carenza di energia si acuissero o, come già menzionato, qualora non ci fosse una distensione della politica zero-COVID del Paese, potremmo assistere a un rallentamento più brusco del previsto, che potrebbe avere un impatto sul ciclo globale.
Sul fronte positivo, le banche centrali potrebbero centrare un atterraggio perfetto con le loro decisioni di inasprimento, uno scenario che giustificherebbe una visione più rialzista sugli asset di rischio. Inoltre, le nostre preoccupazioni sull’inflazione potrebbero essere migliorate da una ripresa della produttività, anche se ciò non è probabile nel prossimo futuro.
Un altro rischio di rialzo è che i farmaci antivirali, in combinazione con i vaccini e il clima più mite all’inizio del prossimo anno, pongano fine alla piaga del COVID nei mercati sviluppati, scatenando una spesa dei consumi più forte.
Fedeli alle azioni dei mercati sviluppati: pensiamo che le azioni dei mercati sviluppati continueranno a generare buoni risultati, ma che l’Europa e il Giappone supereranno gli Stati Uniti. È probabile che l’Europa e il Giappone traggano maggiori vantaggi dall’inflazione rispetto agli Stati Uniti, dati i loro precedenti problemi di disinflazione, e i loro governi hanno maggiori probabilità di perseguire politiche reflazionistiche.
Più selettivi all’interno dell’azionario: continuiamo a favorire un’inclinazione value nell’energia e nei titoli finanziari e a preferire settori ciclici come materiali e alcuni industriali. Tuttavia, pensiamo che gli asset allocator dovrebbero essere più prudenti sulle valutazioni dei titoli ciclici, dato che molti titoli sono completamente prezzati per un recupero. I viaggi e il tempo libero sono un’area in cui le valutazioni non riflettono ancora la ripresa nel settore dei servizi. Un attributo chiave da ricercare in qualsiasi azienda in un ambiente inflazionistico, indipendentemente dal settore, è il suo potere di determinazione dei prezzi.
Ancora cautela sugli ME: la Cina è fondamentale per le prospettive dei ME e la stretta creditizia del governo è stata studiata per eliminare il rischio in eccesso dal sistema finanziario, soprattutto nel mercato immobiliare. Fino a quando la situazione resterà invariata, continuerà probabilmente a contraddistinguersi per la sua lentezza. Al di fuori della Cina, i paesi dovranno affrontare forti pressioni economiche per via del COVID e della volatilità politica. Nonostante il quadro generale piuttosto cupo, individuiamo delle opportunità negli esportatori di materie prime e, in relazione alla nostra visione positiva sull’Europa, nei paesi dell’Europa centrale e orientale.
Dati i rischi d’inflazione, proteggersi con le materie prime: l’inflazione potrebbe raggiungere livelli più alti o essere più persistente di quanto previsto da molti asset allocator. Se da una parte le azioni orientate al valore possono fornire una certa protezione, le materie prime (esclusi i metalli preziosi) sono state storicamente l’asset class più sensibile all’inflazione. Anche le attività reali e i titoli di stato indicizzati all’inflazione hanno un ruolo da svolgere.
Concentrare l’obbligazionario di categoria growth in una duration più breve: le banche centrali sono sulla via dell’inasprimento, quindi preferiamo un taglio alla duration e strutture a tasso variabile, soprattutto nei CLO e nei prestiti bancari. La maggior parte degli spread presenta valori elevati, ma non vediamo elementi in grado di catalizzarne un ulteriore ampliamento. A nostro avviso, il debito sovrano e societario ME offrono un migliore potenziale di rialzo dal punto di vista degli spread rispetto alle società statunitensi e all’high yield.
Mantenere obbligazioni difensive per la diversificazione: anche se le nostre opinioni sono orientate verso una ripresa economica, pensiamo che sia ancora prudente considerare un’allocazione alle obbligazioni di alta qualità in caso di una forte correzione sull’azionario. Un universo obbligazionario globale offre agli investitori maggiori opportunità di aggiungere valore. Crediamo che i municipal bond possano giocare un ruolo strategico per gli investitori tassabili, soprattutto data la tendenza verso maggiori deficit federali. I metalli preziosi e le strategie di opzioni possono fornire ulteriori modi per integrare l’esposizione alle obbligazioni.
Con un po’ di fortuna, e un po’ di speranza, siamo cautamente ottimisti sul fatto che il 2022 dovrebbe essere l’anno in cui la maggior parte del mondo inizia a muoversi verso un’era post-pandemica, seppur dopo molti scossoni lungo il percorso. Dal punto di vista della salute pubblica, i tassi di vaccinazione COVID e altri numeri significativi (tra cui il conteggio dei casi, i ricoveri e i decessi legati al virus) suggeriscono che la pandemia globale che ha cambiato le nostre vite potrebbe finalmente essere pronta a smorzarsi. Inoltre, molte economie mondiali stanno crescendo e sembrano essere sulla via della ripresa dallo shock senza precedenti del COVID.
Per ragioni di chiarezza, va detto che non siamo ancora fuori pericolo. Il virus, con le sue molteplici potenziali varianti e la sua capacità di “bucare” l’immunità indotta dal vaccino in alcuni casi, sta mostrando di non voler arrendersi facilmente. E anche se (come ci aspettiamo) il prossimo anno porterà dei progressi significativi, è fondamentale sottolineare che nel 2022 non vivremo ancora in un mondo completamente “post-COVID”, poiché il virus rimarrà molto probabilmente in circolazione a livello globale per gli anni a venire. Né i miglioramenti economici e di altro tipo che prevediamo saranno improvvisi o universali. Molti paesi non dispongono ancora di un’adeguata copertura vaccinale, sia a causa di problemi di fornitura che di dubbi nutriti tra le loro popolazioni rispetto al vaccino. Inoltre le persistenti sfide relative ai viaggi internazionali, e ad altre attività che abbiamo dato per scontate prima del COVID, potrebbero accompagnarci per il prossimo futuro, rendendo un completo ritorno a condizioni di totale “normalità” una prospettiva incerta sul breve periodo.
Tuttavia, salvo una mutazione del virus che renda i vaccini inefficaci, o qualche altro colpo di scena inaspettato, si spera che il 2022 segni l’inizio del un processo di ricostruzione globale atteso da tempo.
Una delle domande essenziali che continuiamo a sentire è: verso cosa stiamo ricostruendo esattamente? Il COVID ha innegabilmente cambiato il volto del panorama globale in molti modi, accelerando alcune tendenze a lungo termine, smussandone o bloccandone altre, e introducendo di fatto cambiamenti profondi e duraturi nel nostro modo di vivere, lavorare e viaggiare. Questi cambiamenti potrebbero causare un ritorno al tipo di mondo a crescita lenta che abbiamo sperimentato dopo la crisi finanziaria globale del 2008, o stiamo invece passando a un periodo di crescita più forte e sostenuta? L’inflazione rimarrà ostinatamente elevata e se sì, per quanto tempo? Questi sono alcuni dei fastidiosi quesiti che stanno venendo alla ribalta mentre ci apprestiamo ad accogliere il 2022, ma a cui ci vorrà del tempo per dare risposta.
Ma una cosa sembra abbastanza evidente a questo punto: il COVID ha accelerato l’insorgere di cambiamenti strutturali “complessivi” nel modo in cui operiamo e in ciò che valutiamo. Questi tipi di cambiamenti secolari, in contrasto con i cambiamenti ciclici associati alla natura dei cicli economici, sono come lo spostamento delle placche tettoniche del terreno di investimento: difficili da vedere giorno per giorno, ma potenti nel lungo termine e, in definitiva, probabilmente più significativi di qualsiasi altra cosa. Nonostante le molte incognite che il mondo deve ancora affrontare, ecco cinque temi che pensiamo debbano avere un ruolo più prominente negli strumenti degli investitori mentre marciamo inesorabilmente verso un nuovo e coraggioso futuro.
Pensiamo che le strozzature della catena di fornitura che stanno affliggendo gran parte del mondo in questi giorni difficilmente verranno risolte in tempi brevi. In effetti, l’anno prossimo potrebbe facilmente vedere un prosieguo (o addirittura un peggioramento) degli squilibri tra le forniture e la domanda di molti beni, con la riapertura di più paesi e la ripresa dell’attività economica globale. Dato che i vincoli di fornitura sono stati un fattore chiave dell’aumento dei prezzi, crediamo che la prospettiva più probabile per il 2022 sia che l’inflazione resti sopra la media storica e più elevata di quanto non sia stata per anni. Questo, a sua volta, determinerebbe probabilmente un aumento dei rendimenti obbligazionari, soprattutto con le principali banche centrali che si preparano a ridurre i loro programmi di quantitative easing (QE) e a gettare le basi per un futuro rialzo dei tassi di interesse.
Il duplice spettro dell’aumento dell’inflazione e del rialzo dei rendimenti obbligazionari ha potenziali implicazioni per una serie di classi di attività (poche non ne saranno influenzate), ma a nostro avviso offrirà opportunità a chi investe in fondi obbligazionari più flessibili, nonché a strategie macro globali e a coloro con un mandato esplicito per mitigare gli effetti dell’inflazione (come i portafogli multi-asset costruiti appositamente).
Anche se è probabile che le pressioni inflazionistiche influenzino in qualche misura quasi tutti gli investimenti, una dinamica altrettanto importante che gli investitori non dovrebbero trascurare è il potenziale riemergere di fattori e caratteristiche delle singole società come catalizzatore dei prezzi degli asset nel 2022. Man mano che l’impatto dominante e di vasta portata del COVID si smorzerà gradualmente nel periodo a venire, ci aspettiamo di vedere divergenze crescenti tra società ben gestite che sembrano posizionate per una crescita robusta, da un lato, e dall’altro, società la cui cattiva gestione e i fondamentali incerti sono stati ampiamente oscurati dalle turbolenze del COVID.
Riteniamo che la ricerca di società di qualità, fondamentalmente sane, che non sono più “sommerse”, per così dire, dalle forze macro del COVID, dai lockdown economici e dal sostegno delle politiche governative, sarà una strategia d’investimento sempre più auspicabile per il prossimo anno e oltre (Figura 2). Investire in fondi growth di qualità è una potenziale soluzione.
Uno dei temi di investimento più pervasivi nell’ambiente di oggi è quello della decarbonizzazione, la transizione energetica globale. Data la sempre maggiore evidenza di cambiamenti più pronunciati dei modelli climatici del mondo, molti governi si stanno muovendo oltre i semplici impegni verbali verso misure normative concrete e programmi di investimento volti a combattere i rischi climatici. Questa cosiddetta “rivoluzione verde”, in qualche misura una reimmaginazione su larga scala di come funzionano le economie, richiederà ovviamente investimenti patrimoniali per avere successo, e crediamo che cercare di stare “dalla parte giusta” di quello che probabilmente sarà un fenomeno lungo decenni con un potenziale globale di trasformazione diventerà una pratica sempre più diffusa il prossimo anno.
Le strategie di mitigazione/adattamento del clima sono un modo per gestire questo tema, ma gli investitori non dovrebbero nemmeno sottovalutare il valore e i potenziali benefici dell’integrazione ESG in generale nel contesto dei loro portafogli di investimento più in generale.
In particolare dal dilagare del COVID, diverse tendenze tematiche secolari si sono ampliate e hanno guadagnato slancio, creando nuove opportunità di investimento interessanti. Queste includono, ma non si limitano a, tecnologia finanziaria (fintech), l’intelligenza e l’innovazione aziendale e una combinazione delle stesse, che ha recentemente contribuito a generare il megatrend “metaverso”.
Non sorprende che tali tendenze riflettano il contesto macroeconomico globale. Per esempio, l’enterprise intelligence è stata stimolata dalla crescente inflazione salariale e dalla carenza di manodopera che stanno spingendo molte aziende ad automatizzare più funzioni, dove possibile, e a fare un uso maggiore delle capacità informatiche basate sul cloud. Tali esigenze e decisioni aziendali in evoluzione stanno diventando più evidenti non solo nelle economie dei mercati sviluppati, ma anche nelle loro controparti dei mercati emergenti (ME), soprattutto in Cina. Sarà interessante osservare queste dinamiche il prossimo anno.
Gli investitori possono puntare a strategie tematiche/settoriali specifiche legate ai temi e alle tendenze che più li interessano. In particolare, tuttavia, l’investimento tematico di questo tipo non è la stessa cosa dell’investimento in indici. Dovrete essere ben preparati per potervi assicurare di acquistare quello che veramente volete.
A nostro avviso, la straordinaria crescita e lo sviluppo della Cina negli ultimi decenni fanno sì che essa debba rappresentare sia un argomento di discussione per gli investimenti e, qualora opportuno, un’allocation di portafoglio individuale o la componente principale dell’esposizione ME totale di un investitore. Naturalmente, questo è spesso più facile a dirsi che a farsi, data la complessità dell’economia cinese e i sistematici cambiamenti economici, sociali e strutturali che sono ancora in corso nel paese. Ma c’è una buona notizia: a questo cambiamento sismico si accompagnano numerose opportunità per gli investitori più accorti. Tuttavia, i recenti annunci normativi della Cina e il loro ben pubblicizzato impatto negativo su alcuni asset cinesi hanno evidenziato la necessità per gli investitori di comprendere correttamente e valutare attentamente queste opportunità.
Quindi, con il giusto approccio, crediamo che investire in Cina debba rimanere un’idea di investimento interessante nel 2022 e oltre, nonostante i recenti cicli di volatilità del mercato (Figura 3). Considerate un fondo dedicato alla Cina o una strategia ME più diversificata.