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La Fed è in grado di predisporre un “atterraggio morbido”?

Jeremy Forster, Fixed Income Portfolio Manager
2022-09-30
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Come ampiamente previsto, il 16 marzo il Comitato della Fed incaricato di stabilire la politica monetaria (FOMC) ha alzato il tasso target sui federal fund (per la prima volta dal 2018) di 25 punti base (pb) e ha indicato di voler iniziare a ridurre il bilancio in occasione di “una delle prossime riunioni [della Fed]”.

Di certo il recente inasprimento delle condizioni finanziarie globali, a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, non ha fatto desistere la Federal Reserve (Fed) dal programma, ben noto, di graduale rimozione della linea accomodante per contrastare le persistenti pressioni inflazionistiche negli USA. La Fed ha inoltre rivisto al rialzo le previsioni sull’inflazione e al ribasso le stime sulla crescita economica e al momento prospetta sette incrementi dei tassi nel corso dell’anno (contro i tre previsti a gennaio).

Possibile influenza degli eventi geopolitici sulla politica monetaria

Prevedo che la Fed “guarderà oltre” la recente volatilità delle commodity (soprattutto del petrolio), a meno che il rialzo dei prezzi, e quindi dei costi produttivi, non rallenti ulteriormente la crescita.

A mio avviso, rispetto all’Europa, gli Stati Uniti dovrebbero essere relativamente al riparo dall’incertezza scatenata dagli ultimi sviluppi sul fronte geopolitico, dato che possono contare su una produzione interna di petrolio più abbondante e sono meno dipendenti dalle importazioni dalla Russia. Ciononostante, di sicuro la Fed terrà conto dei rischi di un inasprimento troppo aggressivo in presenza di tensioni geopolitiche elevate che, tra l’altro, dovrebbero accrescere la viscosità dell’inflazione. Il possibile ulteriore aumento della volatilità dei mercati finanziari globali è uno dei motivi per cui, di norma, la Fed preferisce alzare i tassi sistematicamente e per gradi.

Aumento dei rischi di stagflazione

La prevista decelerazione della crescita economica, in presenza di un’inflazione ostinatamente elevata, fa pensare alla “stagflazione” degli anni ’70. Benché attualmente non sia contemplato nel mio scenario di base, di fatto il rischio di stagflazione è cresciuto e non deve essere trascurato, soprattutto in caso di continuo peggioramento della situazione delle filiere globali o di mancata attenuazione delle attese circa l’inflazione dei prezzi al consumo a causa dell’incremento dei tassi di riferimento e del rallentamento dell’economia.

La Fed affronta una vera e propria sfida, quella di predisporre un atterraggio morbido dell’economia USA nell’ambito della transizione dal “boom” post-COVID a un tasso di crescita tendenziale più normale. Il mercato del lavoro è un altro aspetto di questa sfida. Le ultime previsioni della Fed (Summary of Economic Projections) indicano un tasso di disoccupazione del 3,2%-3,7% da qui al 2024, un dato a mio parere eccessivamente ottimista, alla luce dell’inasprimento delle politiche che sarà probabilmente necessario per contenere l’inflazione.

La recente impennata del prezzo del petrolio causata dal conflitto militare in Ucraina potrebbe richiamare alla mente le fasi di stagflazione degli anni ’70 e ’80, entrambe in concomitanza con un drastico inasprimento della politica monetaria USA. Tuttavia, visto lo scarto consistente e variabile dei dati sull’inflazione, dovremo monitorare l’andamento di indicatori riguardanti l’inflazione più ampi (abitazioni, merci, servizi essenziali, ecc.) prima di poter affermare che le probabilità di stagflazione nei prossimi trimestri saranno elevate.

Quando potrà iniziare la normalizzazione del bilancio della Fed?

Nella conferenza stampa del 16 marzo seguita alla riunione della Fed, il presidente Jerome Powell ha dichiarato che la banca centrale USA potrebbe cominciare a ridurre il bilancio nei prossimi mesi.

Prevedo vendite di asset per un valore non superiore a circa US$100 miliardi al mese fra Treasury USA (US$70 miliardi) e MBS (US$30 miliardi). Non sappiamo ancora a quanto dovrà ammontare il bilancio della Fed, affinché l’istituto possa mantenere il tasso sui fed funds entro il range target e gestire il fabbisogno di liquidità delle banche, tuttavia, in base alle mie stime, nei prossimi anni il bilancio subirà tagli per US$2.500-3.500 miliardi.

Qualche spunto per gli investitori

Temo che gli attuali rischi geopolitici non svaniranno tanto presto quanto sperano i mercati e che forse indurranno la Fed ad adottare un approccio più cauto e misurato all’inasprimento della politica monetaria. Pur sapendo quanto sia difficile anche solo fare supposizioni sull’esito degli eventi geopolitici, credo prevalgano i rischi di un conflitto prolungato che potrebbe coinvolgere altre nazioni oltre a Russia e Ucraina. Dal mio punto di vista, vi sono molte (forse troppe) cose che devono andare “per il verso giusto” (e non è affatto detto) affinché la Fed possa mantenere quanto stabilito: alzare i tassi a ogni riunione di quest’anno.

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